Di Teresita Possidente
“Se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine tra una nazione e l’altra, né la linea di divisione tra una fattoria e l’altra. Peccato che tu non possa sedere su una nuvola”. Essere in alto, tra le nuvole, in quel luogo senza confini immaginato da Khalil Gibran, dove non si percepiscono argini, separazioni, differenze, perché su quelle nuvole è possibile conservare ancora intatto il senso di quel vedere fatto della materia del cielo: l’infinito. Uno sguardo che dovremmo regalare ai nostri alunni, abituandoli a non soffermarsi su visioni miopi del quotidiano, ma a portare la propria immagine delle cose in alto, dove tutto può essere percepito da una prospettiva olistica, complessiva, vera. Questo è lo sguardo che educa a quella pace di cui in questi giorni si discute, perché da questa prospettiva si può pensare alle cose in modo equo, si può volare sui contrasti, si può tendere all’altro come a ciò che non è diviso da me, ma che è insieme a me. Dall’alto della riflessione, dove ogni cosa dovrà essere valutata nella sua complessità, non potrà mai mancare il giudizio, perché dove c’è altezza c’è profondità, dove c’è la ragione c’è la giusta visione e conduzione del vivere. Le ali del pensiero sono le uniche che possono condurci verso le vette più alte del ragionamento, dove potrà albergare la difesa dei valori, quelli che brillano in alto come le stelle. Il compito oggi, come ieri, è quello di insegnare ai nostri ragazzi ad amare quelle stelle, così come quel volo meraviglioso del pensiero, facendo di esso un ideale, quello che il filosofo Albert Schweitzer definiva come “una stella per il marinaio” che anche se “non può essere raggiunto” rimane la nostra “guida”.
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